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CALL FOR PHOTOGRAPHERS

L’IMMAGINE FOTOGRAFICA

Dal gesto collettivo dei ragazzi di borgata in un campo da rugby, alle pieghe della carne di mani che trattengono antica memoria; dall’orrore di una decapitazione in un interno borghese di brunueliana memoria, alle ombre nere che popolano le creste del vulcano Etna; dai movimenti convulsi di un corpo entrato nell’orbita di un rito religioso, a un uomo ritratto nella sua schietta nudità; senza dimenticare la natura, che elegge i colori a vettore di comunicazione con l’uomo. Il desiderio, talvolta inconsapevole, di risalire al fondo organico dell’esistenza è il lo conduttore di molti dei racconti fotografici selezionati da Nucleika.

Il reale preso alla lettera è l’oggetto della fotografia, quando essa non implica una modificazione deliberata dell’immagine della realtà; dall’oggetto all’immagine vi è una riduzione che non implica trasformazione. L’immagine non è il reale, bensì l’analogon perfetto di esso; è questa perfezione analogica che definisce la fotografia. L’immagine fotografica è un messaggio senza codice; il messaggio fotografico è continuo.

Potremmo assimilare allo statuto della fotografia - messaggio senza codice - altre forme di riproduzione analogica della realtà, come disegni, dipinti, cinema, teatro; tuttavia, ciascuno di questi messaggi sviluppa, oltre al contenuto analogico, un messaggio supplementare che appartiene a ciò che, comunemente, designiamo come lo stile della riproduzione. Qualsiasi altra riproduzione della realtà implica un “ancoramento culturale”, derivato dall’azione del creatore nel trattamento dell’immagine. La pienezza analogica della fotografia fa sì che la descrizione di una fotografia diventi letteralmente impossibile, perché descrivere significa aggiungere al messaggio analogico un messaggio secondo, tratto da un codice che è la lingua, che assegna una connotazione al messaggio fotografico. Descrivere è cambiare struttura, è significare qualcosa di diverso da ciò che viene mostrato.

Così Roland Barthes definiva il ‹‹paradosso fotografico››: la coesistenza di due messaggi, l’uno senza codice (l’analogo fotografico) e l’altro con un codice, che subentra nel momento della fruizione di una fotografia, quando tentiamo di spiegare il significato dell’immagine fotografica attraverso un codice connotato, culturalmente radicato nel vissuto del fruitore. Nel momento in cui avviene la fruizione di una fotografia si tenta di verbalizzarla, e ciò implica un processo di connotazione che la sottopone alle stesse categorie della lingua; questo processo non è mai solo percettivo e cognitivo ma anche ideologico, nella misura in cui assegniamo ragioni e valori che appartengono al tessuto etico dell’esistenza. Sembra, a questo punto, che l’immagine fotografica sia destinata a non poter rimanere al di qua del linguaggio, con l’eccezione, sempre secondo Barthes, delle immagini traumatiche: ‹‹il trauma è, per l’appunto, ciò che sospende il linguaggio e blocca la significazione››. Tuttavia tra il significato analogico, o denotato, e il significato connotato si crea una sorta di “frizione dialettica”, al termine della quale il primo sembra aver naturalizzato il secondo, e quest’ultimo sembra aver reso intelligibile il primo.

Ma qualcosa sfugge al processo di sintesi dialettica, qualcosa che la fotografia, più di qualsiasi altra forma di rappresentazione o espressione artistica, sembra salvaguardare: la polisemia dell’immagine. La fotografia fa dell’immagine la via di accesso a quei significati che sfuggono a qualsiasi forma di “dicibilità”, elegge l’insignificanza a luogo privilegiato della significanza. Questo è il monito accolto da Nucleika nell’invito rivolto ad artisti che, attraverso cinque scatti fotografici, hanno prodotto una narrazione. Una narrazione possibile, dal momento che sta allo sguardo dell’osservatore riannodare i fili delle tante narrazioni taciute.

Andrea Barbagallo

Antonio Condorelli, Bruna Caniglia, Dario Lo Presti, Federica Sciuto, Francesca Barbagallo, Giorgio Di Fini, Giulia Osborn, Giuliana Giannetto, Giusy Grande, Miriam Fiducia,
Nadia Arancio, Ninni Maugeri, Red Liliz, Romina Zanon, Rosario Giuffrida, Rosario Vicino, Sefora Sava, Simone Brancato
la mostra è visitabile dal 03,03,18 al 20.03.18 
dal lunedì al venerdì dalle 11:00 alle 18:00

“Call for photographers” è per Nucleika un piacevole rituale , un’iniziativa nata dall’idea di rendere vivo e proficuo di visioni umane l’ambiente che viviamo quotidianamente.
La call vuole essere un contributo di condivisione reale, con l’intento di dare luce al vibrante tessuto degli esploratori del quotidiano, attraverso l’uso della fotografia.

Offriamo lo spazio per mostrare differenti progetti , un’esposizione che anche quest’anno, ha coinvolto molteplici individualità, interessate ad esprimersi attraverso un mezzo artistico.
Abbiamo immaginato quest’esperienza come un grande quadro su cui poter disegnare un racconto del proprio vissuto con 5 frammenti, invitando a raccontare, chiunque ne avesse voglia.

In un’epoca assediata costantemente dalle immagini, raccontarsi attraverso quest’ultime, appare impresa ardua e complessa, quel sottile filo che oscilla tra il banale, il già visto, il coinvolgente e il semplice gusto di raccontare; per noi fotografia , è una lama che può essere pungente, stucchevole o attraente.
Pertanto la riflessione sull’uso inflazionato delle immagini, ci ha spinto ancor di più, ad osservare i numerosi tentativi che hanno risposto all’iniziativa.

Il risultato è stato un variegato macroracconto del presente che racchiude 18 personali visioni della realtà, spesso unite da desideri introspettivi e da ricerche intime. Alcune, mosse dal fascino per le tradizioni o da percorsi storici; altri progetti dall’impeto di documentare, o semplicemente, dall’istinto di osservare e il forte desiderio di condividere.
Nell’era delle istantanee e dei social network, abbiamo apprezzato la costruzione del racconto, l’idea che mobilita e crea una storia, così da poter osservare tessere di un mosaico che offrono la varietà di una piccola parte del presente.

Alessandra Violacea

Ho il piacere di scrivere questa introduzione per la seconda “Call” di Nucleika.
Come da prassi Nucleika, ogni anno, organizza una mostra per giovani ed emergenti artisti che desiderano esporre la loro opera. Un’occasione per unire e confrontare nuovi talenti in campo artistico.
Come è noto da un sano confronto, emerge la più sincera crescita artistica di ognuno di noi.
Quest’anno Nucleika ha deciso di realizzare una “Call” per soli fotografi , chiedendo la realizzazione di una breve storia in cinque fotografie. La scelta è stata ardua, decidere di eliminare un fotografo, piuttosto che un altro non è mai una scelta piacevole, ancor più oggi che la fotografia ha toccato il massimo apice dell’inganno, spingendoci a prediligere storie più interessanti e veritiere. Moltissimi fotografi , oggi, scattano le loro fotografie senza pensare più di tanto (e non è sempre un male) a ciò che vogliono trasmettere, per poi successivamente ricamare una finta, sdolcinata e banale sinossi creata posticcia per riuscire a dare senso alla propria fotografia.

Fotografare è un’espressione di se stessi e non c’è bisogno di volare come le parole di Pindaro da una lettera all’altra al fine di trovare un testo che ormai, quasi sempre, risulta banale e scontato.
In ogni scatto che realizziamo è presente il nostro se, la nostra vita, ciò che siamo.

Luis Renzi

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