La foto che non ho scattato
La fotografia più bella della festa di Sant'Agata e quella che non ho fatto.
Catania, i primi di febbraio ha un'aria così unica, particolarmente festosa e suggestiva, che riesce ad evocare diversi continenti in un unico spazio.
Sulle feste Agatine hanno scritto centinaia di libri e scattato miliardi di fotografie, ma ci sono talmente tante sfumature durante queste giornate che l'imbarazzo della scelta sui punti di vista da considerare regna sovrano.
Catania è invasa da “cittadini”, da pellegrini, dai devoti, dagli ambulanti, da giovani, bambini, anziani e turisti sbalorditi.
Descrivere l'atmosfera che si respira è davvero difficile, sono giorni di festeggiamenti, di tradizione, di folklore, di culto; si sta in bilico costante tra sacro e profano.
La popolarità della festa per la patrona della città è risaputo, è la terza nel mondo, dopo la settimana Santa di Siviglia e la festa del corpus Domini in Perù, in tre giorni si contano centinaia e centinaia di migliaia di persone che percorrono le strade della città.
A viverla da profani mette in luce infinite sfaccettature simpatiche e curiose: fanno festa i devoti, chi lo è per davvero e chi invece sembra indossare il “sacco” come fosse un vestito di carnevale, fanno festa coloro che vendono i ceri e chi vende fuochi pirotecnici, quintali e tonnellate di cera vengono donati alla santuzza, mentre di giorno e notte se non guardi il cielo sembra di stare sotto i bombardamenti della terza guerra mondiale.
Festeggiano i venditori ambulanti di calia, semenza, frutta, carne, panini, trombette e palloncini... Sembra che la gente si impossessi della propria città ed è nei quartieri più popolari che “l'essenza” del sud si sente ancora più forte. Le case si addobbano a festa, si illuminano i balconi e si sta tutti fuori ad attendere “Lei” che accompagnata da migliaia di fedeli cammina per la strade della sua città. I devoti stanchi ma felici stanno tutti vicini, tengono con i loro guantini bianchi, le grandi corde e ondeggiano uno attaccato all'altro come fossero un'onda unica, altri devoti fanno ballare le candelore, sono uomini vissuti dove fatica, sforzo e fierezza si concentrano nella loro espressione nel momento in cui sollevano oltre 600 kili di peso.
Nella notte la città sembra ancora più magica, ed è la sera del 5, in cui sembra che il tempo si fermi, quando i devoti con i loro grandi ceri iniziano le loro litanie e il fumo delle loro grosse candele si alza verso l'alto, sembra di tornare al periodo medievale.
La fotografia più bella è quella che non ho fatto, ha prevalso stupore e rispetto. Unica nota dolente, dall'amaro in bocca è l'atteggiamento invadente e irrispettoso di alcuni fotografi o presunti tali.
La noncuranza da parte di coloro che avevano un attrezzatura fotografica o un telefonino o qualsiasi dispositivo è veramente triste e squallida, la perfetta sintesi di una società dal like facile.
Ecco perché la fotografia più bella io non l'ho scattata. La magia di Sant'Agata, né parole nè immagini possono donarla: bisogna viverla per comprenderla e non dimenticarla più.
Viva Sant' Agata, qui si diventa tutti devoti tutti.